Quindicimila chilometri quadrati, una superficie di poco inferiore al Lazio. Questa è l'area dell'oblast di Kaliningrad, una piccola exclave della Federazione Russa incastonata tra Polonia e Lituania. Un punto strategico per Mosca, in quanto rappresenta uno sbocco sul Mar Baltico ed è l'unico porto della regione che non gela tutto l'anno. L'hub è fondamentale anche dal punto di vista militare, dato che Kaliningrad dista appena 530 chilometri in linea d'aria da Berlino e qualsiasi arma puntata sulla città tedesca impiegherebbe appena 45 secondi per colpire, così come Varsavia e le capitali scandinave. e Baltico. Una vicinanza pericolosa, che ha portato la Federazione a continuare a riarmare l'exclave in coincidenza con la guerra in Ucraina e la scelta di Svezia e Finlandia di aderire alla NATO. "Dimentica i paesi baltici non nucleari", ha detto l'ex capo di stato e vicepresidente del consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev. Una bugia sostanziale, considerando che la Russia da anni prepara Kaliningrad ad ospitare testate nucleari, ma che sottolinea tuttavia la volontà più esplicita che mai di armare ancora di più la regione.

Le armi

E dire che già nel 2016 i russi stavano preparando Kaliningrad ad ogni evenienza. Risale infatti a quel periodo il movimento dei missili Iskander a corto raggio con punta nucleare nell'oblast più occidentale della Federazione. All'epoca si pensava fosse una sorta di risposta alla decisione della NATO di lasciare l'impianto di intercettazione Aegis Aeshore in Romania e Polonia, nonostante fosse stato raggiunto un accordo con l'Iran nel 2015, motivo per cui è stato collocato. Nel 2018 gli Iskander non solo hanno preso una dimora permanente a Kaliningrad ma è stato addirittura ristrutturato l'hangar in cui erano alloggiati: come ha sottolineato la Federation of American Scientists (FAS) in un articolo a Custodegià nel 2018 i russi avevano effettuato un'importante ristrutturazione di quello che sembrava essere "un sito di deposito di armi nucleari attivo nella regione di Kaliningrad, noto come Kolosovka".

I lavori non sembravano già suggerire la presenza di armi nucleari, ma dichiarazioni successive ne hanno anzi fatto una certezza. Già all'inizio di febbraio, un video pubblicato su Telegram mostra l'atterraggio di un jet russo MiG-31K Foxhound che trasporta quello che sembra essere un missile da attacco al suolo ipersonico Kinzhal, seguito, secondo fonti non confermate, da altri quattro o cinque. Dotare Kaliningrad di un'arma del genere è un passo importante, poiché il Kinzhal ha una portata segnalata di quasi 2,000 chilometri e può trasportare una testata a frammentazione da 1,100 libbre o una testata nucleare da 500 kilotoni, 33 volte superiore a "Fat Man", il bomba sganciata dagli americani su Hiroshima il 6 agosto 1945.

La presenza di tali armi, però, resta per il momento ancora una sorta di semplice minaccia per la Nato: tra i 50 aerei da guerra presenti vi sono infatti per lo più vecchi jet Su-27 e Su-24, inadatti a trasportare un Kinzhal. Tuttavia, la Federazione sta lavorando da tempo agli aggiornamenti aeronautici ed eventuali modifiche agli assetti correnti sono sempre possibili: secondo l'analista militare Roby Lee, in caso di conflitto su scala globale, un missile del genere potrebbe facilmente colpire l'Europa occidentale e Ankara al massimo entro 7/10 minuti dal lancio. Essendo missili che volano ad un'altezza inferiore rispetto a quelli balistici tradizionali e che accelerano ad una velocità che supera di 10 volte la barriera del suono, qualsiasi difesa sarebbe evanescente.

Test e possibili attacchi

In caso di conflitto, Kaliningrad sarebbe pronto. Ai primi di aprile, come riportato Interfax, le unità militari russe dell'oblast più occidentale della Federazione sono state coinvolte in una serie di simulazioni di guerra: hanno partecipato più di mille soldati e più di 60 unità di equipaggiamento militare. Nelle esercitazioni erano coinvolti anche 20 caccia Su-27 e bombardieri dell'aviazione navale di prima linea Su-24, che simulavano attacchi a bersagli aerei e terrestri a bassa velocità e posti di comando. Sia un'esercitazione offensiva che difensiva, perché la preoccupazione russa è che l'Occidente possa tentare in qualche modo di vendicarsi contro Kaliningrad.

Per questo il viceministro degli Esteri Alexsander Grushko ha detto all'agenzia Tass che “giocare con l'oblast sarebbe come giocare con il fuoco: spero che l'Europa abbia il buon senso di non farlo”. Una mossa rischiosa se si pensa che nella città natale di Immanuel Kant, la cui statua si trova ancora davanti all'università cittadina, ci sarebbe l'11° Corpo d'Armata, che conta tra i 100 e i 200mila soldati russi e anche la flotta baltica. , ancorata nel porto cittadino, che dispone di 42 navi di superficie. Per questo l'oblast resta difficile da attaccare: per fare un paragone, in questa regione della Russia ci sono cento volte più uomini e armi presenti in un altro teatro di guerra filorusso che l'Ucraina potrebbe seguire: Transnistria.

L'Hong Kong della Russia

Anche dal punto di vista economico la città ha assunto negli ultimi anni un valore sempre maggiore. Dal 2019, infatti, quasi un terzo del PIL russo viene prodotto nella sua oblast più occidentale e il motivo è chiaro: molti oligarchi hanno trasferito qui le sedi dei loro imperi in vari settori, dal gas al petrolio, dall'alluminio all'agroindustria e alla tecnologia. Fino a poco tempo il motivo era evitare le sanzioni statunitensi: a tal proposito, nel 2018 Putin aveva istituito una "amministrazione speciale" sull'isola di Oktyabrsky, sul fiume Pregel che attraversa la città di Kaliningrad, proprio per permettere agli oligarchi di avere una cassaforte posto di casa per la loro capitale (lo stesso è stato fatto anche per l'isola Russky, vicino ai confini con Cina e Corea del Nord). Una scelta che persegue l'antico desiderio di fare della città una sorta di “Hong Kong della Russia”: sono infatti già 60 le società estere riconducibili agli oligarchi russi che hanno abbandonato i paradisi fiscali occidentali ritornare a casa.



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Filippo Owell

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